La dura vita dei patron

La dura vita dei patron

Milano, Roma, Torino e Firenze: tutti contro presidenti e proprietà. E il caso dei Della Valle è paradossale

E’ dura la vita dei presidenti, soprattutto di quelli che possiedono una squadra del campionato di serie A. Sì, perché la ‘contestazione al patron’ è un fenomeno tipicamente italiano. All’estero, nei paesi civilizzati, è infatti abbastanza raro che il finanziatore del club, anche a fronte di scarsi risultati, venga preso a pernacchie come qua da noi.
In Italia infatti il pubblico, talvolta fomentato dalla critica, si aspetta sempre che l’asticella venga alzata. A Firenze ne sappiamo qualcosa, vero? Ai presidenti della serie A tutti chiedono sempre maggior investimenti, i tifosi e la stampa pretendono che le squadre abbiano un grado di competitività sempre più elevato.
E anche quando avviene, il patron può non essere immune dagli insulti. Concludiamo il quadro aggiungendo che, in alcune circostanze, ai proprietari vengono anche fatti in maniera morbosa i conti in tasca. Se Bastian Contrario fosse uno di loro, avrebbe già da tempo mandato tutti a quel paese…
A Torino, sponda Juve, difficilmente viene fatto un coro agli Agnelli. Quando e se i bianconeri non vincono almeno un trofeo a stagione, il malumore prende il sopravvento. Prima dell’arrivo di Conte e della striscia inarrestabile di scudetti consecutivi, a Torino ci furono divere manifestazioni di piazza contro una proprietà che ha sempre dominato la scena, almeno in campo italiano.
A Roma, con la società giallorossa rilevata dagli americani sull’orlo del fallimento, riportata in Champions League e per qualche mese anche in lotta per lo scudetto, è guerra aperta tra la Curva Sud e Pallotta. Il presidente di Boston, che fa difficoltà a comprendere le ragioni di tanto rancore e tanto odio nei suoi confronti, viene insultato ripetutamente e sta meditando di vendere il club per sbarazzarsi una volta per tutte dei tifosi ingrati e maleducati.
Non parliamo della Lazio: il presidente Lotito è costretto a vivere sotto scorta per le continue minacce che riceve dai tifosi, a cui ha tolto tutti i privilegi tra cui i biglietti gratuiti e l’organizzazione delle trasferte. Risultato: allo stadio Olimpico, quando gioca la Lazio, non va quasi più nessuno e quei pochi vanno per contestare.
Il numero 1 biancoceleste, in maniera abbastanza “rocambolesca”, ha tra l’altro strappato il club ad un inevitabile fallimento dopo il crack dell’Impero Cragnotti.
I Della Valle invece – ed eccoci dalle nostre parti – hanno riesumato dalla serie C 2 una società che aveva perso tutto, anche il nome. Eppure ogni poco a Firenze scoppia un bubbone, si trovano sempre i pretesti giusti per attaccare la famiglia Della Valle di avarizia, di disinteresse, di ‘approfittarsi’ della Fiorentina per incrementare i propri interessi. Se poi queste accuse non bastano c’è sempre quella valida per tutte le stagioni: lo scarso attaccamento. Ai Della Valle si chiede di spendere, sempre di più, di mettere e scommettere del proprio patrimonio personale. E quando viene stilato il bilancio vanno tutti a spulciare tra le pieghe per trovare dove e come sono stati utilizzati i soldi. La squadra, intanto, con la metà o un terzo delle risorse degli altri – ma questo non importerebbe neanche dirlo – si trova brillantemente al terzo posto in classifica. Non sappiamo dire se questo atteggiamento, diffuso a tutte le latitudini, sia più ridicolo, demenziale o vergognoso.

Cristiano Puccetti

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